Paolo Mereghetti presenta l'edizione del trentennale di "Il Mereghetti - Dizionario dei Film"
- Paolo Mereghetti, in compagnia di Geppi Cucciari e di Vittorio Lingiardi, presenta l'edizione del trentennale dell'inimitabile dizionario dei film.
Appuntamento molto importante in Casa Anteo!
Paolo Mereghetti firma la nuova versione del suo mitico dizionario, una pubblicazione che dal 1993 è uscita per ben quattordici volte e che festeggia un anniversario tondo.
È infatti l’edizione del trentennale quella che firma il critico cinematografico per eccellenza, amato e temuto, sicuramente ambito: un suo giudizio positivo per tutti gli autori del cinema italiano (e non solo) – le sue stelline sul Corriere della Sera – significano molto. E viceversa può essere una tragedia un suo pollice verso. Nell’ambiente, quando esce un nuovo film, in ogni conversazione prima o poi si fa il suo nome: “Mereghetti ne ha scritto? Mereghetti che dice?”
Certo lui non è tipo da venire a compromessi, almeno seguendolo da lettrice. La sensazione è che ogni suo pezzo tenga conto solo della sua sensibilità e dei suoi rigorosi "parametri tecnici". Più volte lui ha spiegato che non è il "mi piace" o il "non mi piace" a determinare un giudizio. Le sue considerazioni sono spesso una sorta di garanzia, soprattutto per chi lo legge da tempo e con il Mereghetti ha imparato qualcosa sull’arte cinematografica e ha potuto formarsi anche un gusto. Ma senz’altro – proprio per i suoi giudizi netti – è capace anche di accendere dibattiti infuocati. Un merito sopra ogni altro gli va riconosciuto: la centralità del cinema nella sua esistenza professionale e umana e la perseveranza – quasi una fede – con cui lo ha sempre sostenuto e ancora lo sostiene. Nell’introduzione del nuovo dizionario – 35mila schede per 7560 pagine, più 2352 pagine di indici e Marilyn Monroe in Fermata d’autobus sulla copertina – compare questa frase: “L’ambizione è quella di indicare sempre la via del cinema anche quando in molti sembrano volersi incaricare di nasconderla o cancellarla. Io continuo a credere che quella strada ci sia ancora e che molti vogliano seguirla”. Ma certo il suo dizionario non ha potuto esimersi dall’affrontare film usciti sulle piattaforme e che probabilmente qualcuno ha visto anche su dispositivi che nulla hanno a che fare con il grande schermo.
Paolo Mereghetti, ha pensato che magari qualcuno ha visto Blonde (il film su Marilyn di Andrew Dominik che è stato al festival di Venezia) sul telefonino?
Cosa posso dire? Che mi spiace molto per lui e anche un po’ per la bellezza di Ana de Armas che su un cellulare viene penalizzata come non meriterebbe.
Che cosa accade in una sala cinematografica che non può accadere altrove?
Almeno due cose accadono solo in una sala cinematografica. La prima è puramente estetica: vedere un film sul grande schermo, con la sua sola luce che colpisce i nostri occhi di spettatori perché il resto della sala è nel buio, permette di apprezzare davvero fino in fondo la qualità di un film. E l’altra caratteristica è, diciamo così, di tipo sociale: andare al cinema è un fatto collettivo, che ci fa sentire parte di una comunità - quella degli spettatori - che ci obbliga a vivere la città: bisogna uscire di casa, bisogna lasciare il nostro guscio o la nostra cuccia. E questo ci fa confrontare con gli altri: ricordate la scena di Get Shorty, quando Travolta va a vedere L’infernale Quinlan?
Come si può parlare ai giovani di cinema? Come scatta secondo lei la passione nel 2022?
Sono convinto che i giovani amino molto il cinema: gli incassi dei blockbuster hollywoodiani sono lì a dimostrarlo. Caso mai il problema è far loro capire che non esiste solo un tipo di cinema, ma molti, moltissimi altri tipi. E che la storia del cinema non inizia con i super-eroi Marvel o Avatar ma molto prima. In altre parole: bisognerebbe offrire loro più occasioni per vedere un cinema differente da quello di cui si parla sui social o con cui li bombarda la pubblicità degli studios. Il mio amore per il cinema è nato così: vedendo tantissimi film e scoprendo come fossero belli ed emozionanti.
C’è qualche film sul quale nel corso di trent’anni ha cambiato idea?
Non qualche, sono numerosi i film su cui il giudizio è cambiato, qualche volta accorgendomi delle "cantonate" che avevo preso: cito sempre La vita agra di Lizzani, poco considerato da tutti, non solo da me, alla sua uscita e invece rivelatosi un grandissimo film. Ma per citare un caso personale, potrei ricordare Luna di fiele di Polanski che all’uscita mi irritò e che evidentemente avevo visto con una disposizione d’animo sbagliata. Altre volte ho cambiato idea rendendomi conto delle sopravvalutazioni, magari sull’onda di eccitazioni collettive: per fare un titolo, Omicidio a luci rosse di Brian De Palma e più in generale molto cinema post-moderno. In altri casi, invece, i cambiamenti sono meno evidenti, magari solo da mezza stelletta, perché con gli anni i film possono invecchiare bene o male, proprio come il vino, e le tantissime schede che ogni volta rifaccio per la nuova edizione del mio dizionario sono lì a dimostrarlo.
Nella prossima vita le piacerebbe fare il regista?
Assolutamente NO! Per fare il regista ci vuole del talento e io il talento del regista proprio non ce l’ho!
[Articolo e intervista di Cristiana Mainardi]